Sig. Ministro,
desidero innanzitutto ringraziarLa, a nome mio e di tutti i Carabinieri associati ASSO.MIL., tutti ex appartenenti al disciolto Corpo forestale dello Stato, per l’opportunità concessa con l’odierno incontro, auspicando che sia solo l’inizio di un confronto costante e duraturo.
Forti delle nostre pregresse esperienze sindacali abbiamo fondato ASSO.MIL. incontrando sin da subito energiche resistenze nei nostri confronti: diciassette mesi per avere l’assenso ministeriale e otto mesi per essere iscritti all’albo ci hanno fortemente penalizzato nell’opera di proselitismo a cui ogni sindacato deve ricorrere per acquisire la forza necessaria per raggiungere la giusta credibilità. Abbiamo motivo di credere che la volontà ostativa nei nostri riguardi da parte del precedente Governo derivasse dal timore del confronto con chi non difetta certo in esperienza sindacale, ampiamente saggiata nel nefasto percorso della riforma Madia.
Quella riforma Madia che per tanti Forestali, forse addirittura la quasi totalità, è stata, ed è ancora, un vero dramma.
Trovarsi catapultati ex lege in una dimensione che ha comportato e comporta ancora una fortissima riduzione delle libertà personali è motivo di profonda sofferenza per gli ex Forestali, soprattutto a causa di un eccessivo potere discrezionale esercitato dalla catena di comando che, in assenza di regole certe per tutti, non è in grado di garantire trattamenti equi al personale. Non è accettabile che in una Pubblica Amministrazione, ancorché militare, nel terzo millennio ci siano ancora disparità di trattamento in ordine all’applicazione di istituti contrattuali quali la mobilità, l’orario di lavoro, il godimento di ferie, l’applicazione della disciplina e tanto altro ancora; aspetti che frustrano quotidianamente chi ha vissuto realtà in cui le regole erano certe e garantite da un ente terzo, il sindacato, che vigilava sulla loro corretta applicazione. L’assenza di un ente terzo spesso costringe il militare che voglia veder riconosciuto un proprio diritto a dispendiosissimi, e pertanto non accessibili a tutti, contenziosi ponendolo in una posizione di sudditanza materiale oltre che gerarchica e psicologica.
E’ oramai noto come i rapporti con le Organizzazioni Sindacali abbiano contribuito alla crescita di amministrazioni come la Polizia di Stato, la Polizia Penitenziaria e il Corpo forestale dello Stato: l’emanazione concertata di regole certe, chiare e non interpretabili hanno infatti consentito il raggiungimento di notevoli risultati, sia in termini operativi (non a caso, poco prima dell’assorbimento, il CFS risultò essere al primo posto nella classifica di gradimento della popolazione italiana, tra le forze di polizia) che di qualità della vita lavorativa.
Quelle regole ottenute con tanta fatica ed impegno, cancellate con lo stesso colpo di spugna che ha abolito il Corpo forestale dello Stato, avevano creato un equilibrio quasi perfetto tra esigenze di servizio e benessere del personale e non “ritrovarle” all’interno dell’Arma dei Carabinieri da chi ha subito gli effetti della Riforma Madia, comporta una sofferenza quotidiana che spesso si trasforma in terrore di subire procedimenti ad ogni minima rivendicazione.
L’assorbimento del CFS ed il conseguente ingresso degli ex Forestali, sembra sia stato percepito come un elemento di rottura rispetto alla stabilità interna, e così nessuno ha mai pensato di verificare le condizioni preesistenti, per capire se ci fossero elementi utili a gettare le basi di un processo di ammodernamento all’interno dell’organizzazione dell’Arma; in questo modo, purtroppo, si è determinato, per i militari del ruolo forestale, il ritorno ad un passato anacronistico che sembrava ormai superato ed un livellamento verso il basso avallato da quella Rappresentanza Militare che, invece, avrebbe dovuto tutelarli riferendo ai vertici il disagio ed il profondo malessere sofferto dal personale.
Ma se quanto detto sinora vale per tutti i militari provenienti dal disciolto Corpo forestale dello Stato, è doverosa una particolare attenzione al personale di genere femminile che, nell’Arma dei Carabinieri è rappresentato da circa il 7% (arruolato su base volontaria), mentre nel CFS era oltre il 16%.
La gestione di licenze, trasferimenti, assegnazioni al termine di corsi di formazione ed altri istituti a sostegno della genitorialità, deve essere totalmente ripensata sulla base dei nuovi modelli evoluti di famiglia, laddove – nella maggior parte dei casi – entrambi i coniugi sono lavoratori ed in talune circostanze dipendono tutti e due da una, se non addirittura la stessa, forza di polizia. Occorre, dunque, rivedere alcune regole interne, al fine di restituire alle Donne la dignità che meritano per lo svolgimento del doppio se non triplo ruolo di militare/moglie/madre. Le nostre colleghe sono oggettivamente svantaggiate e l’esempio lampante è rappresentato dagli accertamenti dei requisiti psico fisici per l’avanzamento in occasione di concorsi interni dove le attuali procedure paiono irrispettose della dignità femminile.
In circa sei anni e mezzo moltissimi ex Forestali (quasi cento per quanto ne sappiamo) hanno scelto, pur di uscire dall’Arma, di lavorare molti anni in più transitando nei ruoli civili del Ministero della Difesa, altri hanno scelto la quiescenza anticipata e tanti stanno contando i giorni per arrivare al traguardo della pensione. Già questo dovrebbe bastare per dare l’idea di cosa stanno vivendo coloro ai quali è stato imposto lo status militare. Non serve neanche sottolineare quanto sia grave per i cittadini la dispersione della professionalità e della conoscenza degli ex forestali. La tutela dell’ambiente, la protezione delle specie protette e della biodiversità rappresentano una delle sfide più urgenti per la nostra e per le future generazioni.
ASSO.MIL. non vuole farsi esclusiva portavoce delle sofferenze degli ex Forestali ma vuole offrire il proprio contributo per una reale e efficace modernizzazione della compagine militare, forti delle pregresse esperienze che, dati alla mano, hanno migliorato la vita dei Lavoratori delle Forze di Polizia ad Ordinamento Civile e, di conseguenza, le performance delle Amministrazioni.
Ci sono ampi margini di crescita e tutti gli elementi affinché, attraverso un confronto serrato ma costruttivo, aperto e leale, si possa giungere rapidamente a soluzioni che possano restituire a tutti i Carabinieri la serenità e la stabilità necessarie per affrontare gli impegni e gli ostacoli che il difficile mestiere, quotidianamente, pone sul loro cammino.
Purtroppo i tanti, troppi “lacciuoli” previsti nella legge 46/2022 pare non vogliano consentire alle organizzazioni sindacali di offrire appieno il proprio contributo, pertanto, se davvero la volontà governativa è quella di catapultare nell’era moderna anche il mondo militare, è imprescindibile una rivisitazione totale della norma di riferimento che, di fatto, ha solamente rivisto alcuni aspetti delle regole che ancora disciplinano la costosa Rappresentanza Militare. La stessa Rappresentanza rivelatasi fallimentare non tanto per i vincoli a cui soggiace ma per la mancanza di terzietà, essendo un’appendice facilmente controllabile e gestibile delle amministrazioni di appartenenza e che oggi viene strumentalizzata da diversi delegati per svolgere attività sindacale sfruttando la doppia veste di delegato e sindacalista: un’assurdità tutta italiana!
Quando anche i Comandi Generali e gli Stati Maggiori assumeranno la piena consapevolezza della imprescindibilità di un confronto leale e costruttivo con le associazioni a carattere sindacale, e comprenderanno l’importanza che queste ultime agiscano effettivamente in rappresentanza qualificata dei militari ad esse associati, siamo certi che il passo più difficile sarà stato compiuto.
ASSO.MIL. è pronta a fare la sua a parte, ad assumersi la responsabilità di confrontarsi ed eventualmente condividere le scelte del Governo, offrendo la propria fattiva collaborazione per l’elaborazione di un progetto complessivo di riorganizzazione che potrebbe veramente rappresentare la svolta per le condizioni di vita dei Carabinieri e dei Militari più in generale.
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