Da informazioni assunte da questa APCSM, ed oramai di dominio pubblico almeno al CUFA, parrebbe che un capo ufficio della Grande Unità abbia contattato telefonicamente il medico curante di un proprio addetto per procurarsi informazioni sanitarie relativamente ad un’assenza per malattia dello stesso addetto.
Abusare – perché di questo sembra trattarsi – della propria posizione e del proprio grado per acquisire direttamente informazioni sanitarie, tanto più telefonicamente, non pare essere un comportamento consono a nessun tipo di accertamento medico si voglia mettere in atto, tanto più avendo la possibilità di ricorrere ad altri mezzi, sicuramente leciti, quali la visita di controllo, l’avvio all’Infermeria Presidiaria competente per eventuali verifiche, il ricorso alla Commissione Medica Ospedaliera.
È appena il caso di evidenziare che ricevere una telefonata da un alto ufficiale dell’Arma dei Carabinieri possa provocare nella controparte una forma di soggezione che, potenzialmente, potrebbe indurre, più o meno inconsapevolmente, a rilevare informazioni delicate e sensibili, addirittura coperte da segreto professionale oltre che soggette alle tutele derivanti dalla normativa sulla privacy.
Da febbraio 2023 a tutto il personale del CUFA è stato fatto sottoscrivere un atto formale per l’autorizzazione al trattamento dei dati personali pertanto quanto sopra esposto assumerebbe una connotazione di ulteriore gravità rispetto a quella già in essere, atteso che i fatti sarebbero stati compiuti da un ufficiale superiore.
Se venisse confermato quanto sopra, oltre a rivestire connotazioni meritorie di valutazione sotto molteplici aspetti, ci si chiede se esistono limiti per i capi ufficio nella gestione del personale e con quale stato d’animo i militari debbano recarsi al lavoro ogni giorno, consapevoli di essere alla totale mercè del “prepotente” di turno.
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